Di Ugo Bardi – Gennaio 2005 (rivisto e corretto Marzo
2005)
Dipartimento di Chimica, Università di Firenze
Siamo in una situazione in cui il problema
dell’esaurimento delle risorse, quelle energetiche tradizionali in primo luogo,
non si può più considerare come qualcosa di remoto e che non ci riguarda. Il
fatto che il problema stia cominciando a porsi porta a due reazioni emotive; la
prima è di negare che il problema esista l’altra che il problema si
risolverebbe facilmente se non fosse per il complotto del governo/compagnie
petrolifere/multinazionali/alta finanza/gnomi di Zurigo o chi altro che
affossano qualche meravigliosa soluzione tecnologica che altrimenti tutti già
utilizzerebbero invece del petrolio.
Ci
sono molte ben note bufale in questo campo, fra le quali citiamo a mo’ di
esempio l’ “energia orgonica”, l’ “energia di punto zero” e vari altri casi che
si riducono alla fine dei conti al buon vecchio moto perpetuo. Andremo invece a
esaminare in un certo dettaglio un caso più complesso e più difficilmente
valutabile, quello della vettura stradale ad aria compressa, che è stato
definito una “bufala” da alcuni ma che si presenta anche come una possibile
cosa seria. Questo veicolo è noto col nome di “EOLO,” prototipo progettato e
brevettato dall’ing. Negré e promosso e propagandato dalla ditta MDI del
Lussemburgo. La Eolo esiste da svariati anni e ogni anno, un po’ come
l’influenza cinese, si ripresenta solo leggermente mutata a generare
l’entusiasmo di molti che vi vedono la soluzione a tanti problemi, primo fra
tutti l’inquinamento urbano da traffico che è una cosa estremamente grave e
seria.
E’ interessante notare la reazione all’annuncio di questo
oggetto come la si può vedere nei vari forum che si occupano di energia,
ambiente e inquinamento. Di solito, c’è sempre qualcuno che non aveva mai
sentito parlare della Eolo e che annuncia la grande “novità” della vettura ad
aria compressa con entusiasmo, a volte come l’arrivo di una vera e propria
nuova era ecologica. La reazione si suddivide fra commenti altrettanto
entusiasti da una parte, mentre da un’altra si denuncia il fatto che la
macchina ad aria compressa semplicemente sposta il problema dell’inquinamento
dal tubo di scappamentto alla centrale elettrica, senza risolverlo. Una
frazione dei commentatori esprime dubbi sulla fattibilità tecnica del concetto
e fa notare come non esiste nessuna prova che l’oggetto in questione sia in
grado di dare veramente le prestazioni conclamate. Qualcuno parla francamente
di “bufala” e di “imbroglio”. A questo, gli entusiasti rispondono che se la
Eolo non è ancora sul mercato questa è, ovviamente, colpa del complotto delle
compagnie petrolifere che non vogliono concorrenza.
Come possiamo valutare questo pasticcio di proclami e
controproclami? I dati disponibili riguardo a effettive prove su strada della
Eolo, della quale sembra esistano pochissimi esemplari, sono molto scarsi. Una
cosa che possiamo dire è che la Eolo è un caso del tutto isolato in un panorama
tecnologico nel quale, apparentemente, la maggior parte degli attori nel campo
(case automobilistiche, piccoli costruttori, ecc.) hanno deciso a priori che il
concetto di propulsione ad aria compressa non è interessante in confronto ad
altre tecnologie a “inquinamento zero” come la trazione elettrica accoppiata a
batterie o a pile a combustibile.
Possiamo escludere senz’altro che questo sia il risultato
di qualche complotto, altrimenti i costruttori avrebbero smesso di lavorare
anche su tutte le altre soluzioni. Piuttosto, il fatto di scartare a priori
l’aria compressa deve essere il risultato di una stima dai principi fisici di
base. Proveremo ora a fare, appunto, questa stima. Teniamo conto che questo
tipo di stima non sostituisce né uno studio ingegneristico completo né i test
sperimentali, ma ci serve per definire in quale ordine di grandezza ci muoviamo
e che cosa possiamo aspettarci. Potrebbe la macchina ad aria compressa fare
concorrenza come autonomia a una macchina tradizionale a benzina o diesel?
Oppure rientriamo nel settore delle “microvetture da città” a bassa velocità e
scarsa autonomia come quelle a batteria? Quello che segue è moderatamente
tecnico e il lettore non interessato ai dettagli può semplicemente saltare
questa sezione per andare direttamente alla sezione “conclusioni”
Veicoli ad aria compressa.
La tecnologia dell’aria compressa non è certamente cosa nuova. Se vogliamo andare
alle radici storiche dell’idea, possiamo addirittura risalire al periodo
alessandrino, quando gli ingegneri del tempo sperimentarono delle catapulte ad
aria compressa. Si scontrarono però per la prima volta con i problemi della
gestione termica della compressione e dell’espansione; fra le altre cose gli
prendeva fuoco il catrame usato per sigillare i cilindri pieni d’aria. Alla
fine dei conti, le catapulte tradizionali ad arco o a tendine di cavallo
funzionavano molto meglio. Verso la seconda metà dell’800 si cominciarono a
costruire delle locomotive ad aria compressa per usi particolari, per esempio
per trasporto nei tunnel delle miniere. Queste macchine non riuscirono mai a
far concorrenza alle macchine a vapore tradizionali e questo la dice lunga sulle
difficoltà della cosa, dato che l’efficienza dei motori a vapore è notoriamente
infame. Non si riportano casi storici di vetture stradali azionate ad aria
compressa. Oggi, l’aria compressa come sistema di immagazzinamento di energia
ha ripreso interesse nei sistemi cosiddetti “CAES” (compressed air energy
storage). Questi sistemi utilizzano cavità sotterranee per immagazzinare grandi
quantità di aria compressa a pressioni relativamente basse. Vengono utlizzati
in combinazione con sistemi di turbine a gas di grandi dimensioni. La
tecnologia CAES non è adatta per applicazioni mobili.
Mancando veicoli ad aria compressa circolanti su strada, i dati disponibili
sono necessariamente incerti. Per questa ragione potremo solo dare una
valutazione di massima, di ordine di
grandezza, senza pretendere di arrivare a delle conclusioni esatte. Questi
dati di ordine di grandezza ci permetteranno comunque un confronto con
altre tecnologie veicolari. Occorre
anche definire i criteri di giudizio. Sostanzialmente ci sono due parametri
tecnologici principali da considerare, uno è l’efficienza di “ciclo di vita”
ovvero con quanta efficienza il veicolo utilizza l’energia primaria di partenza
– di solito energia elettrica generata da una centrale termica. L’altro è il
rapporto peso/energia trasportata del veicolo stesso, che ne determina la
capacità di trasporto e l’autonomia. Non possiamo poi trascurare la questione
dei costi e, per finire, ci limiteremo nella valutazione a tecnologie che siano
disponibili sul mercato, tralasciando
nuove tecnologie, possibili ma incerte.
Consideriamo per prima cosa la questione dell’efficienza di ciclo di vita.
Senza andare in calcoli dettagliati, diciamo che in confronto a un sistema che
usa direttamente un motore elettrico, un sistema come quello EOLO deve prima
comprimere l’aria mediante un compressore (ovvero un motore elettrico) per poi
utilizzarla per mandare un motore a pistoni. Questo porta necessariamente a una
perdita di efficienza, ulteriormente aumentata dal fatto che il motore a pistoni
della Eolo viene dichiarato come avente un efficienza del 70% contro
l’efficienza di oltre il 90% dei motori elettrici moderni. Questa minore
efficienza del veicolo ad aria compressa sarebbe tuttavia sopportabile se ci
fossero in cambio di prestazioni superiori in termini di autonomia, che è oggi
il punto debole delle vetture elettriche.
Vediamo allora di fare un po’ di conti. Come prima approssimazione,
supponiamo che il gas segua la legge dei gas perfetti. Ne consegue che
l’energia immagazzinabile è:
L= nRT ln(Pf/Pi)
dove i suffissi “i” e “f” stanno per “iniziale” e “finale.” Risulta dalle
descrizioni della MDI che la Eolo monta delle bombole da sub come contenitori
dell’aria compressa. Questa è una tecnologia già ottimizzata in termini di pesi
per garantire la miglior trasportabilità possibile. Una bombola da sub in
acciaio di 15 litri pesa circa 16 kg e contiene circa 4 kg di gas compresso a
200 bar. Sostituendo questi valori troviamo un’energia di 1.8 MJ, ovvero circa
440 Wh. Il rapporto energia/peso è circa 25 Wh/kg. In principio, si potrebbe
anche lavorare a pressioni più alte, diciamo fino a 300 bar usando bombole in
carbonio. Queste bombole sono costose e non è chiaro se sarebbe possibile
omologarle per un veicolo circolante, comunque in questo caso l’energia
immagazzinata potrebbe salire fino a 30-40 Wh/kg.
Possiamo confrontare questo valore con quello delle batterie elettriche
(vedi, p. es. http://www.batteryuniversity.com/partone-3.htm).
Abbiamo circa 30-50 Wh/kg per le batterie al piombo tradizionali, circa 80-100
Wh/Kg per le batterie al Ni/Cd e circa 100-130 Wh/Kg per le batterie al litio -
polimero. Quindi, potenzialmente l’aria compressa potrebbe fare altrettanto
bene delle batterie tradizionali al piombo, meno bene delle batterie al
litio-polimero e decisamente meno bene al confronto dei combustibili
tradizionali, benzina e gasolio, che immagazzinano fino a 10 kWh/kg (è questo,
incidentalmente, il fattore che rende accettabile, al momento attuale,
l’utilizzo di motori inefficienti come quelli a pistoni a combustione interna.)
Il calcolo di cui sopra quantifica l’energia immagazzinata dall’aria compressa ma la cosa importante è quanta di
questa energia può essere effettivamente sfruttata. Per prima cosa,
consideriamo che il motore ad aria compressa deve necessariamente funzionare a
una pressione superiore a quella atmosferica, per cui non si può sfruttare
tutta l’aria immagazzinata nelle bombole. Se, per esempio, in condizioni di
regime il pistone richiede una pressione di 40 bar, questo vuol dire che il 20%
dell’energia immagazzinata a 200 bar non potrà essere utilizzata. Come
ulteriori elementi di svantaggio per l’aria compressa, notiamo la minore
efficienza del motore ad aria rispetto a quello elettrico, già citata prima
(70% contro >90%). Notiamo anche che una vettura elettrica ha la possibilità
di recuperare energia in frenata, possibilità che viene implementata in molte
delle vetture elettriche sul mercato. Questo recupero è possibile, in teoria,
anche per l’aria compressa, ma molto difficile in pratica per le complicazioni
meccaniche associate e non sembra che questa possibilità sia stata implementata
nella Eolo.
Per finire, il punto forse più importante è che sarebbe possibile
recuperare tutta l’energia immagazzinata in un gas compresso solo se si potesse
fare avvenire l’espansione a temperatura costante (“isoterma”). Viceversa, un
gas si raffredda quando si espande e questo diminuisce di parecchio il lavoro
che se ne può estrarre. Questo tipo di espansione si dice “adiabatica”.
Utilizzando le appropriate formule, si trova che per un’espansione puramente
adiabatica, l’energia effettivamente sfruttabile dal gas potrebbe essere
ridotta di un fattore 10 circa rispetto al caso isotermo. Nella pratica,
l’espansione del gas può essere fatta in stadi, lasciando progressivamente
riscaldare il gas. Questo tipo di espansione viene detta “politropica” e le
formule che descrivono l’energia utile ottenibile dipendono dalla differenza di
temperatura, dalla capacità termica del gas e da un “fattore politropico” che
dipende dalle condizioni di espansione. E’ difficile dire che livello di
efficienza possa raggiungere l’espansione politropica del sistema della Eolo,
ma sicuramente non sarà pari a quella del ciclo ideale isotermo e potrebbe
essere, in effetti, molto inferiore.
A questo riguardo, si pone il problema di come la Eolo possa gestire le
problematiche termiche create dall’espansione adiabatica dell’aria ad alta
pressione. Nel normale uso dell’aria compressa, si lavora a pressioni molto più
basse; per intendersi, un avvitatore di quelli usati dai gommisti funziona
normalmente a soli 6 bar e in un officina raramente si trovano applicazioni
dell’aria compressa oltre qualche decina di bar. In queste condizioni, non ci
sono problemi di raffreddamento dovuti all’espansione del gas. Ma per pressioni
di 200 bar o superiori, l’espansione può causare il congelamento dell’acqua contenuta
nel gas con la conseguente ostruzione degli ugelli. In effetti, nel caso della
Eolo si può pensare che esistano delle notevoli difficoltà a evitare il
problema considerando le piccole masse in gioco in una microvettura.
Le incertezze inerenti ai pochi dati disponibili sono tali che non possiamo
arrivare a dei numeri precisi, ma possiamo comunque arrivare a concludere che: una vettura ad aria compressa ha efficienza
e prestazioni dello stesso ordine di grandezza (e probabilmente inferiori) di
quelle di una vettura a batteria al piombo e sicuramente inferiori a quelle di
una vettura con batterie al litio. Queste prestazioni non sono neanche
lontanamente comparabili a quelle di una vettura con motore tradizionale a
benzina o a gasolio.
Conclusioni.
Per il momento, l’aria compressa come mezzo di stoccaggio
di energia si presenta come pratica soltanto per grandi volumi, ovvero per
sistemi stazionari di grande potenza. Non è da escludere che sia possibile
costruire un veicolo ad aria compressa utilizzabile in certe condizioni. Il
sistema ad aria compressa avrebbe l’indubbio vantaggio del numero quasi
infinito di cicli di carica/ricarica delle bombole, ma risulterebbe senza
vantaggi significativi (e probabilmente in svantaggio) in termini di
prestazioni rispetto alla tecnologia tradizionale delle batterie al piombo e
quasi sicuramente svantaggioso rispetto alla nuova generazione di veicoli a
batteria al litio (tipo Toyota Prius).
Possiamo dunque scartare senza problemi l’ipotesi che il
fatto che oggi non possiamo comprare la Eolo da un concessionario sia dovuto a
un complotto. Se così fosse, bisognerebbe spiegare come mai i cospiratori non
si siano preoccupati di affossare anche la tecnologia delle macchine a
batteria. E’ assai più probabile che i promotori della Eolo si trovino
effettivamente in difficoltà a sviluppare una vettura veramente pratica e
utilizzabile.
D’altra parte, anche se si vendesse dai concessionari, la
vettura ad aria compressa non risolverebbe il problema che ci troviamo di
fronte, ovvero di eliminare l’attuale parco macchine inefficienti e inquinanti,
sostituendolo con veicoli a “emissioni zero” se possibile alimentati da fonti
rinnovabili. Purtroppo, gli acquirenti sono abituati ai motori a combustione
interna a benzina o a gasolio e non sembrano minimamente interessati a passare
a veicoli che, pur non inquinanti, non danno le stesse prestazioni e non hanno
la stessa autonomia. Anzi, negli ultimi anni il mercato si è sempre più
orientato verso veicoli dispendiosi e inefficienti, quali gli “Sport Utility
Vehicles”; SUV, rifiutando di dare spazio ai veicoli a batteria. La vettura ad
aria compressa non avrebbe speranze di fare di meglio.
Di fronte a questa situazione, lascia perplessi
l’aggressiva strategia di marketing della MDI. Che senso ha vendere licenze per
la costruzione di un veicolo che per il momento non circola su strada e non
esiste sul mercato? Che senso ha promuovere con tanta insistenza una tecnologia
che non ha prestazioni superiori a quelle delle vetture a batteria che, per il
momento, non riescono a quadagnarsi una fetta di mercato significativa?
Tralasciando di addentrarsi nei sospetti peggiori, forse
è comunque il caso di dire anche qualcosa di buono della piccola Eolo, che ha
il merito di aver generato un dibattito sulla necessità di auto veramente a
“emissione zero” per i centri urbani. La situazione di inquinamento è oggi tale
da configurarsi come una vera e propria epidemia. Il Comitato sugli effetti
sanitari dell’inquinamento atmosferico in Gran Bretagna (COMEAP, 2001) ha
stimato che l’inquinamento da PM10 nelle aree urbane dell’Inghilterra provochi
8.100 morti ogni anno e 10.500 ricoveri ospedalieri; questo danno è esprimibile
anche come una diminuzione della speranza di vita media compresa tra 2 e 20
mesi per ciascun cittadino, attribuibile all’inquinamento atmosferico. In media,
è quasi un anno di vita in meno per ciascuno di noi e questo è soltanto per i
danni causati dalle polveri sottili. E’ comprensibile, dunque, l’entusiasmo di
molte persone di fronte a quella che si presenta come una soluzione.
Tecnicamente, è molto probabile che la Eolo non sia la
soluzione giusta, ma il problema è reale. Fortunatamente, esistono anche
soluzioni reali. La nuova generazione di batterie al litio si presenta come in
grado di fornire vetture con autonomie dell’ordine dei 300 km con velocità massime
intorno agli 80 km/h, perfettamente adatte per uso urbano e extraurbano a breve
e media distanza. Anche senza aspettare le batterie al litio (comunque già in
produzione con la Toyota Prius) le vetturette a batteria al piombo potrebbero già
essere utilizzate per dare una boccata di ossigeno alle nostre città asfissiate
se solo volessimo deciderci a fare a meno del rombo di quegli aggeggi che ci
piacciono tanto ma che ci fanno anche tanto male alla salute. L’abbiamo fatto
per le sigarette, possiamo farlo anche per le automobili.
La cosa importante, comunque, è analizzare le soluzioni
senza credere nè nei miracoli nè nei complotti. Ci sono tecnologie buone, altre
meno buone, e alcune pessime. La scelta fra una SUV sprecona e inquinante e una
microvettura leggera e pulita dovrebbe essere ovvia (ma, per qualche ragione,
non lo è per tutti).
L’autore ringrazia il sig. Vito Ciavarella e per i suoi commenti e il sig.
Sandro Kensan per la correzione di un errore di calcolo in una versione
precendente. Segnala anche la discussione di Sandro Kensan sull’argomento, che
si trova a http://www.kensan.it/articoli/Eolo.php. Kensan usa dati leggermente
diversi da quelli usati qui, ma arriva a conclusioni sostanzialmente uguali.
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