L'alcol come carburante

Dopo la prima crisi energetica del 1973, quando il prezzo del petrolio greggio aumentò prima di tre volte, poi di dieci volte, si è discusso a lungo su come liberarsi dalla schiavitù del petrolio usando carburanti alternativi, soprattutto per i motori a scoppio.

 

Alcuni si sono ricordati che il primo carburante per i motori a combustione interna, quello usato dallo stesso inventore Otto nel secolo scorso, era l'alcol etilico, prodotto su larga scala per fermentazione degli zuccheri presenti in natura nella frutta, in alcuni tuberi o canne, o ricavabili dall'amido.

L'alcol carburante era già stato usato negli Stati Uniti durante la grande crisi degli anni trenta; in Italia durante l'autarchia fascista; è usato fin dagli anni sessanta del Novecento in Brasile (ottenuto dalla canna da zucchero); nei successivi anni settanta è partito negli Stati Uniti un programma di impiego di una miscela di benzina col 10 % di alcol (denominata "gasohol"), mirata sia a risparmiare petrolio, sia a smaltire le eccedenze di mais degli stati centrali. In tali stati la miscela era ed è venduta a un prezzo agevolato, grazie ad una sovvenzione governativa ai coltivatori di granturco.

La proposta di usare alcol etilico come carburante per autoveicoli fu sostenuta dal movimento ecologico: l'alcol etilico è ottenuto dai vegetali e quindi dal Sole attraverso la fotosintesi e dipende perciò da materie prime rinnovabili: è come avere dei pozzi petroliferi interni, alimentati dall'energia solare; inoltre l'anidride carbonica che si libera durante la combustione è, più o meno, la stessa fissata poco prima dai vegetali da cui l'alcol è ottenuto.

L'alcol etilico è un liquido miscelabile, allo stato puro, con la benzina senza inconvenienti ed ha un elevato numero di ottano per cui la sua addizione alla benzina permette di evitare l'aggiunta di antidetonanti dannosi, come il piombo tetraetile e gli idrocarburi aromatici; i gas di combustione sono un po' meno inquinanti di quelli della benzina da sola; le miscele benzina/alcol, fino al 10 % di alcol, non richiedono modificazioni dei motori.

Il costo di produzione dell'alcol etilico è superiore a quello della benzina (sto parlando di costi aziendali di produzione, non di prezzi) e l'uso dell'alcol carburante richiede perciòdelle sovvenzioni statali che però rappresentano un contributo all'agricoltura e alle distillerie nazionali.

L'alcol etilico può essere ricavato da eccedenze agricole (uva, vino, frutta) che sono, o possono essere, trasformate in alcol il quale viene acquistato dall'organismo di intervento agricolo AIMA [l'articolo è stato scritto nel1990] e resta per anni in cisterne affittate a caro prezzo; in Italia esiste una capacità di distillazione di alcol largamente inutilizzata. Insomma l'uso dell'alcol carburante avrebbe vantaggi di natura ecologica e, a conti fatti, anche economica.

Al di fuori del movimento ecologico il progetto di impiegare alcol carburante non piaceva e non piace a nessuno. L'industria automobilistica temeva una perdita di immagine se si fosse passati dal carburante tradizionale, la benzina, ad un carburante di "autarchica" memoria. L'industria petrolifera poteva temere, a lungo termine, una perdita di competività della benzina ed era disturbata dalla necessità di dover installare dei distributori per la benzina/alcol a fianco di quelli tradizionali della benzina "normale" (peraltro in via di estinzione) e "super".

Alcuni scienziati misero in evidenza che l'addizione di alcol alla benzina avrebbe richiesto una permanente sovvenzione all'agricoltura e all'agroindustria, una obiezione zoppicante perché molte altre attività agricole e anche industriali restano sul mercato grazie a sovvenzioni con denaro pubblico (si pensi agli oneri sociali che lo stato regala a molte imprese; oppure all'esenzione delle tasse sulle perdite aziendali) e nessuno se ne scandalizza.

D'altra parte i contributi per incentivare l'uso dell'alcol carburante andrebbero a settori fragili dell'economia italiana e permetterebbero di ridurre le importazioni; la sostituzione con alcol del 10 % della benzina consumata in Italia farebbe diminuire di 200-300 miliardi di lire le importazioni annue di prodotti petroliferi.

Gli scienziati nemici dell'alcol sostennero allora che il "costo energetico" dell'alcol carburante (somma dell'energia "incorporata" nelle sementi, nelle macchine agricole, nei concimi, e dell'energia consumata per le macchine agricole, per la fermentazione, per la distillazione e la raffinazione dell'alcol) sarebbe superiore all'energia che l'alcol restituisce quando è bruciato. Anche questo conto zoppica perché esagera i costi energetici e non tiene conto dell'energia ricavabile dai residui della produzione dell'alcol.

Quelli di noi che sostenevano l'uso dell'alcol carburante non pensavano ad una attività parassitaria, ma ad una svolta in senso neotecnico della nostra agricoltura, alla possibilità di coltivare le terre marginali o abbandonate (almeno tre milioni di ettari in Italia), con un potenziale produttivo di molti milioni di tonnellate all'anno di alcol carburante; tale operazione avrebbe consentito il ricupero delle zone interne, iniziative per la difesa del suolo, con particolare vantaggio per il Mezzogiorno e le isole; avrebbe consentito un uso produttivo e non distruttivo delle eccedenze agricole.

Dal 1973 alla metà degli anni ottanta non si è fatto un solo passo in Italia verso l'uso dell'alcol, se si escludono pochi tentativi di vetture o motoscafi sperimentali ad alcol. Improvvisamente dal 1985 esplosa una nuova improvvisa passione per l'alcol carburante. Siccome i nomi contano, l'alcol etilico è stato ribattezzato col più nobile e presentabile nome di bioetanolo, che è poi sempre l'alcol etilico di origine agricola, quello di cui si è parlato finora.

Alla base di tutto sta una gigantesca speculazione; la Comunità Europea paga agli agricoltori un contributo per i cereali; nel caso del frumento, il grano duro da pasta e il grano tenero da pane hanno relativamente basse rese per ettaro e consentono agli agricoltori di avere dei contributi abbastanza bassi; se si coltiva, invece, del frumento di cattiva qualità, ad alta resa per ettaro, gli agricoltori guadagnano molto producendo una merce destinata alla distruzione.

Hanno cominciato gli agricoltori francesi a coltivare, su larghe estensioni, frumento di pessima qualità inadatto all'alimentazione umana, ad alta resa per ettaro e quindi con grandi sovvenzioni per ettaro. Era questa una materia prima eccellente per produrre alcol carburante che sarebbe stato così sovvenzionato due volte con pubblico denaro, nella coltivazione del frumento e nella addizione alla benzina.

L'operazione del bioetanolo consisteva nel comprare a basso prezzo le eccedenze di frumento francese, già pagate in parte con i soldi dei contribuenti europei, e nel trasformarle, in due o tre grandi nuove distillerie, in alcol da miscelare alla benzina che sarebbe così diventata "verde". Una efficace campagna di stampa ha cercato di far apparire l'operazione --- una grossa speculazione nel commercio internazionale dei cereali, drogato da sovvenzioni innaturali --- come una felice svolta ecologica del grande capitale agricolo-industriale.

Il progetto non aiutava la nostra agricoltura, ne' le nostre terre marginali; anzi incentivava la produzione di grano ad alta resa che richiedeva un uso intensivo di concimi e prodotti chimici, con effetti tutt'altro che "verdi"; la costruzione di nuove distillerie avrebbe contribuito a distruggere le fabbriche di fermentazione e di distillazione dell'alcol, esistenti in Italia.

A parte queste operazioni speculative ha senso in Italia parlare di alcol carburante ? credo di si, a condizione di avere un chiaro progetto che identifichi le aree italiane coltivabili a piante "energetiche", il costo (monetario ed energetico) di produzione dell'alcol etilico (costo di produzione della materia prima, di fermentazione e distillazione) ottenibile dalle varie materie prime, il prezzo a cui l'alcol etilico può essere venduto alle raffinerie di petrolio per la miscelazione con la benzina.

Tale progetto aiuterebbe l'agricoltura in zone arretrate, consentirebbe di ammodernare e sviluppare le industrie di distillazione dell'alcol, anche'esse collocate in zone arretrate, rappresenterebbe una svolta ecologica dell'agricoltura e più in generale dell'economia, avrebbe effetti positivi nella lotta contro l'inquinamento atmosferico. L'operazione "alcol carburante" potrebbe essere avviata già subito in due o tre regioni (come Emilia, Puglia, Sicilia), in cui esiste o può essere avviata una agricoltura da alcol, in cui si trovano eccedenze agricole alcoligene.

Negli Stati Uniti le "colonnine" che distribuiscono "gasohol" portano disegnata una grande pannocchia di granturco che ricorda che il carburante è (in parte) di origine agricola. Sarebbe utopistico pensare in Sicilia a distributori con uno slogan: "Nell'isola del Sole benzina ottenuta dal Sole" ? Un po' enfatico, forse, ma, almeno in parte, nelle miscele benzina/alcol un po' di Sole "incorporato" nell'alcol c'è di sicuro.