Efficienza e risparmio energetico nei trasporti: che si può fare?

di Domenico Coiante – Amici della Terra

Introduzione

L’Italia è inadempiente rispetto agli obblighi del Protocollo di Kyoto. Sono in preparazione le sanzioni pecunarie previste dal Trattato per le infrazioni ed esse sono pesanti. Il Ministero per l’Ambiente ha ottenuto recentemente uno sconto sulla quantità di emissioni, avendo fatto accettare una rivalutazione (molto discussa) delle risorse forestali del nostro Paese. Si tratta di un provvedimento una tantum, la cui entità non è sufficiente a ripianare il bilancio ed essa è comunque abbastanza piccola (circa 10 Mt di anidride carbonica equivalente). Si dovrà far ricorso all’acquisto di quote di credito d’emissione dai Paesi virtuosi. Il costo di mercato di queste quote è pari a circa 40 euro alla tonnellata di CO2. Visto che il totale delle emissioni si aggira intorno ai 500 milioni di tonnellate, ogni punto percentuale di superamento della quota assegnata vale 5 milioni di tonnellate. Quindi, in termini di emission trading, la spesa sarà di 200 milioni di euro per punto di sforamento. Poiché il deficit si colloca intorno a diversi punti, non è lontano dal vero affermare che la spesa da effettuare si aggirerà su un ordine di grandezza del miliardo di euro.

E questo si ripeterà finché durerà il deficit, cioè per gli anni a venire.

E’ divenuto necessario, quindi, darsi da fare per recuperare la situazione ed occorre farlo subito. In una tale situazione le opzioni di lungo periodo (nucleare ad esempio) non danno contributi immediati. Il ricorso alle nuove fonti rinnovabili, ancorché tardivo, può portare un contributo positivo, ma la sua entità è piccola e ha bisogno di sviluppi di R&D nel tempo per poter crescere al livello di adeguatezza soprattutto economica. Mentre ciò avviene, non rimane altro che procedere a misure immediate di risparmio energetico, applicandole prioritariamente ai settori maggiormente dispersivi ed inquinanti, primo fra tutti, quello dei trasporti.


Consumo di combustibili fossili nel settore dei trasporti

In Italia alla fine del 1999, (anno più recente di cui si dispongono i dati completi disarticolati sulle diverse classi di autoveicoli), circolavano 43.716.254 veicoli a motore endotermico, di cui 40.394.856 vetture per il trasporto passeggeri e 3.321.398 automezzi per il trasporto merci [I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia. Quarto Rapporto 2002 – Ferrovie dello Stato e Amici della Terra].

Nello stesso anno, il consumo totale di combustibili è stato di 36.389 ktep, di cui 25.314 ktep per il trasporto passeggeri e 11.075 ktep per le merci.

In maggiore dettaglio, la situazione è illustrata nelle seguenti Tab.1 e Tab.2, che si riferiscono rispettivamente al trasporto dei passeggeri e a quello delle merci.

I dati contenuti nelle tabelle si riferiscono alla situazione in atto nel 1999 e pertanto essi sono un pò obsoleti. Tuttavia, in mancanza di un aggiornamento al presente dei loro valori assoluti, essi conservano il pregio di indicare i rapporti relativi tra i contributi delle diverse tipologie di autoveicoli al consumo energetico del settore. E’ così possibile vedere che il 70% del consumo totale è attribuibile agli autoveicoli per il trasporto passeggeri ed il 30% a quelli per il trasporto delle merci.

Durante il periodo trascorso fino ad oggi, occorre registrare un sensibile aumento delle autovetture diesel rispetto a quelle a benzina. Secondo i dati ACI, elaborati dall’Osservatorio Autopromotec [Comunicato Stampa, Bologna 6/10/2004], il numero delle autovetture diesel per trasporto passeggeri è passato dal 13% del 1999 al 22% nel 2003. Quindi all’interno della categoria trasporto passeggeri si è avuto un notevole cambiamento dei pesi relativi, però questo cambiamento è avvenuto in larga parte per la dismissione di vetture a benzina, mentre la crescita complessiva del parco è stata molto contenuta. Pertanto, assumendo che la crescita del settore delle autovetture per il trasporto passeggeri sia avvenuta mantenendo all’incirca invariati i rapporti relativi con le categorie del trasporto delle merci, presumeremo nel seguito che anche la situazione attuale del consumo energetico del settore possa essere ripartito secondo le stesse percentuali.

Tab.1 – Situazione del settore veicoli per il trasporto passeggeri nel 1999
Autoveicoli
Numero
Percorrenza media
(km)
Consumo medio al km (gep/km)
Consumo totale
(ktep)

A benzina non catalizzati

15.347.974
7.297
64,9
7.264

A benzina catalizzati

11.038.643
13.258
62,9
9.210

Diesel convenzionali

1.988.241
19.292
61,4
2.537
Ecodiesel
2.144.101
21.837
56,2
2.630
GPL
1.253.774
18.677
64,1
1.501
Totale 1
31.772.733
11.549
62,6
22.962
Motocicli
3.374.753
6.161
30,5
634
Ciclomotori
5.161.608
5.462
25,8
728
Totale 2
8.536.361
5.738
27,8
1.362

Totale autoveicoli uso privato

40.309.094
/
58,5
24.325
Autobus urbani
16.471
43.500
355,3
254
Pullman
69.345
45.000
235,8
736

Totale veicoli uso collettivo

85.762
/
258,1
990
TOTALE GENERALE
40.394.856
/
60,3
25.314

(Fonte: I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia. Quarto Rapporto 2002 – Ferrovie dello Stato

e Amici della Terra).

Tab.2 – Situazione del settore veicoli per il trasporto merci nel 1999

Autoveicoli

Numero
Percorrenza media
(km)
Consumo medio al km (gep/km)
Consumo totale
(ktep)
Benzina
372.843
11.454
89,8
383
Diesel
2.093.390
16.296
82,5
2.814

Totale veicoli leggeri

2.466.232
15.564
83,3
3.197
Benzina
10.995
5.000
176,4
10
Diesel
844.170
44.468
209,6
7.868

Totale veicoli pesanti

855.166
43.961
209,5
7.878
TOTALE MERCI
3.321.398
/
145,8
11.075

Totale consumo trasporto merci/ totale consumo generale

30%

(Fonte: I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia. Quarto Rapporto 2002 –

Ferrovie dello Stato e Amici della Terra).

Potenziale risparmio energetico

Facciamo riferimento alla seguente Tab.3, che illustra il bilancio energetico italiano del 2004, ultimo bilancio consolidato.

Tab.3 – Bilancio energetico semplificato
Voci di bilancio
Anno 2004
%
Disponibilità totale
197,8 Mtep
100
Importazioni elettricità
- 10,0 Mtep
5,05
Idroelettrico nazionale
- 9,4 Mtep
4,75

Geotermoelettrico nazionale

- 1,2 Mtep
0,60

Eolico + Solare + Biomasse (Biocomb. + RSU + Legna)

- 4,8 Mtep
2,43
Cogenerazione
- 0,47 Mtep
0,24

Consumo da combustibili fossili

Di cui settore trasporti
171,3 Mtep
44,4 Mtep
86,6
26
Fonte: Rapporti ENEA Energia e Ambiente 2005

Si può vedere che, su un consumo energetico complessivo di 197,8 Mtep, il settore dei trasporti ha richiesto 44,4 Mtep complessivi. Di questi, 0,8 Mtep provengono dal consumo di elettricità nelle ferrovie e 0.28 Mtep dai biocombustibili. Pertanto, 43,3 Mtep provengono dal petrolio e suoi derivati. Senza entrare nel merito se la quota delle ferrovie sia da attribuire o no alle centrali termoelettriche, e quindi ancora al petrolio, attribuiamola pure tutta all’idroelettrico. Otteniamo allora che, a fronte di un consumo complessivo di 171,3 Mtep di combustibili fossili, il consumo di petrolio nei trasporti è stato di 43,3 Mtep, pari al 25%. Pertanto, ogni punto percentuale di energia risparmiata nel settore dei trasporti vale circa 0,43 Mtep di petrolio.

Per comprendere pienamente il significato ambientale di questo dato, esso deve essere paragonato, non tanto al consumo totale d’energia, ma piuttosto al solo consumo nazionale dei combustibili fossili, perché questa è la parte del bilancio energetico che determina la produzione d’inquinamento all’interno del Paese. Infatti la rimanente parte dei consumi energetici viene soddisfatta, sia da energia elettrica importata, che non produce emissioni inquinanti perché essa è di provenienza nucleare (Francia) e idroelettrica (Svizzera), sia da quella endogena prodotta dalle fonti rinnovabili in modo ecologico.

A questo proposito occorre considerare che il contributo di emissioni del settore energetico è stato nel 2004 pari a 477 Mt di CO2 equivalente [ENEA, REA 2005], cosa che, a fronte del consumo di combustibili fossili di 171.4 Mtep, porta ad un contributo specifico medio di 2.78 Mt/Mtep. Quindi, un punto di risparmio conseguito nei trasporti, cioè 0.43 Mtep, corrisponde a circa 1.2 Mt di CO2 evitata. Pertanto il valore ambientale di un punto di risparmio nei trasporti corrisponde alla rimozione dello 0.25% del totale delle emissioni di CO2 del sistema energetico nazionale.

Confronto con l’eolico

Per avere una misura del valore ambientale dell’unità di risparmio energetico nel settore dei trasporti, si provi ad effettuare un paragone quantitativo con lo sforzo che si sta effettuando per promuovere la diffusione degli impianti eolici in Italia.

La produzione eolica del 2004 è stata pari a 1800 GWh, che corrispondono a circa lo 0.6% del fabbisogno di elettricità del Paese [Bollettino ISES Gennaio 2005]. Applicando la solita equivalenza per l’elettricità, 1 kWh = 2200 kcal, 1800 GWh corrispondono al risparmio di 396 ktep di petrolio, cioè circa 0,4 Mtep.

Si deve concludere pertanto che basterebbe realizzare un punto percentuale di risparmio di combustibili nel settore dei trasporti (0,43 Mtep) per avere, sia sul bilancio energetico, sia sull’ambiente (ai fini delle emissioni di gas serra), un effetto maggiore dell’intera produzione di energia eolica.

La prospettiva è senza dubbio allettante, si tratta di vedere se una tale opzione è praticabile e quali sono le condizioni per attuarla.

Consumo orario di combustibile

Non vi è dubbio che esiste una via maestra per effettuare il maggior risparmio di combustibile nei trasporti. Si tratta di effettuare un cambiamento radicale del modello di mobilità, (soprattutto privata), quale oggi si è affermato sulla scorta dell’abbondanza e del basso costo del petrolio, di cui finora abbiamo goduto. Il criterio guida generale per tale cambiamento dovrebbe consistere nel privilegiare quelle modalità di trasporto che ottimizzino il consumo energetico per passeggero, o per kg trasportato, e per km percorso. E’ però evidente che la discussione di questo cambiamento di sistema richiederebbe lo spazio di un trattato e competenze multidisciplinari che non sono in nostro possesso. E comunque gli eventuali risultati sarebbero rivolti sicuramente al lungo periodo, mentre gli obblighi del Protocollo di Kyoto incombono subito sul nostro Paese. Cercheremo, pertanto, di vedere se e come sia possibile realizzare il risparmio di combustibile nei trasporti, seguendo una strada che possa portare a risultati, magari provvisori e limitati, ma conseguibili nel breve termine.

Per fare ciò, dobbiamo entrare (appena un pò) tecnicamente nel merito delle modalità di funzionamento degli autoveicoli.

Il consumo orario di un motore endotermico, Ch, alimentato con combustibile liquido risulta proporzionale alla potenza erogata, P (in kW), secondo la relazione:

Ch = Cs × P (kg/h) (1)

Dove Cs è il consumo specifico, cioè i kg di combustibile consumato per ogni kWh prodotto.

A sua volta il consumo specifico è esprimibile in termini di efficienza energetica del motore, H, passando per il contenuto energetico del kg di combustibile, ovvero per il suo potere calorifico inferiore, Cp, espresso in kWh/kg. Si avrà:

H = 1/(Cs Cp) (2)

Da cui:

Cs = 1/(H Cp) (3)

Sostituendo nella (1), si ottiene per il consumo orario di combustibile:

Ch = P/(H Cp) (kg/h) (4)

Supponendo in prima approssimazione che H non dipenda dalla potenza erogata (cosa abbastanza vera in un ampio intervallo di potenze lontano dalla potenza massima), si vede che il consumo aumenta in modo lineare con la potenza e diminuisce al crescere dell’efficienza del motore. Quindi, a parità di livello di potenza erogata, risparmiare combustibile significa aumentare l’efficienza del motore.

Efficienza energetica dei motori endotermici (esempio a benzina)

Poiché il potere calorifico inferiore per la benzina, Cp, corrisponde a 12.4 kWh/kg, noto che sia il consumo specifico Cs, l’efficienza del motore è data dalla (2) come:

H = 1/(12.4 × Cs) = 0,0806/Cs (5)

La curva caratteristica del consumo specifico in funzione del numero dei giri del motore ha un andamento molto simile per tutti i motori. Ad esempio, i manuali d’ingegneria indicano tipicamente la seguente situazione per i motori a quattro cilindri di volume complessivo intorno ai 1500 cc. La curva, partendo dal numero minimo dei giri (750 giri/minuto), decresce leggermente fino a circa 2500-3000 giri al minuto, dove raggiunge un valore minimo di plateau pari a circa 320 grammi di combustibile per ogni kWh meccanico erogato. All’ulteriore crescere dei giri il consumo specifico aumenta portandosi al massimo valore ai regimi di 4500-5000 giri al minuto. Poiché in genere i dati medi dei motori vengono presi a 3000 giri al minuto, proveremo a semplificare considerando come consumo specifico indicativo del motore a scoppio alimentato a benzina il valore:

Cs = 320 grammi di combustibile/kWh = 0,32 kg/kWh (6)

Si ricava subito dalla (5) che a 3000 giri l’efficienza del motore a scoppio del nostro esempio vale all’incirca:

H = 0,0806/0,32 @ 25% (7)

Naturalmente questa è l’efficienza termomeccanica del solo motore, mentre l’efficienza dell’autoveicolo alle ruote sarà più bassa, dovendo tenere conto di tutte le perdite dovute al sistema di trasmissione del movimento alle ruote stesse, che di solito ammontano a circa il 10%.

In conclusione, l’esempio è servito ad evidenziare come il valore classico dell’efficienza dei motori endotermici sia piuttosto basso e come l’avvento delle nuove tecnologie dei materiali, unito all’aumento progressivo del costo dei combustibili, dovrebbero essere di stimolo per l’abbassamento dei valori della curva del consumo specifico e quindi per il miglioramento dell’efficienza.

Miglioramento dell’efficienza

Da quanto risulta dalla (4) segue che il miglioramento dell’efficienza del motore porta ad una riduzione proporzionale del consumo orario. Se esprimiamo in termini percentuali il miglioramento dell’efficienza, abbiamo lo stesso valore percentuale nella riduzione del consumo orario. Quindi ogni punto percentuale di miglioramento dell’efficienza del parco degli autotrasporti porta ad una riduzione di un punto del consumo energetico complessivo, cioè al risparmio di 0.43 Mtep di petrolio.

A questo punto ci si chiede: a) se è possibile nella pratica migliorare l’efficienza dei motori; b) quanti punti di miglioramento sono realizzabili; c) se questo obiettivo è conseguibile nel breve termine.

Una risposta esauriente a questi quesiti richiederebbe una competenza tecnica specifica in grado di effettuare l’analisi puntuale del problema. Non possedendo tale competenza, proveremo ad effettuare soltanto alcune considerazioni logiche basate sul buonsenso, sicuramente approssimative, ma che ci permetteranno di ottenere alcune indicazioni empiriche circa la risposta.

Partiamo dall’osservazione del mercato automobilistico. E’ un fatto che recentemente sono state poste in commercio alcune autovetture per il trasporto passeggeri, dotate di un nuovo tipo di motore diesel ed aventi caratteristiche tecniche (rapporto peso/potenza, aerodinamica, scorrevolezza, ecc.) tali da permettere una percorrenza di circa 30 km con un litro di combustibile (ad esempio, Wolkswagen-Lupo e Toyota-Yaris, Fiat-Panda). Ovviamente tale percorrenza dichiarata si riferisce al regime costante intorno ai soliti 3000 giri, marcia in piano, aria tranquilla. Importa sottolineare che per le altre vetture della stessa classe, dotate del solito motore a benzina, la percorrenza nelle stesse condizioni si aggira intorno ai 18-20 km per litro. Si conclude quindi che esiste sul mercato una classe di autovetture la cui percorrenza è aumentata recentemente in termini percentuali del 50-67% rispetto ai relativi modelli a benzina.

Semplifichiamo pure dicendo che si è avuto un aumento della percorrenza di circa il 60%. Quindi, questa classe di autovetture, a parità di servizio reso, consuma il 60% in meno di combustibile. Il quesito che si pone è: - Quale parte di questo risparmio è da attribuire al miglioramento dell’efficienza del motore e quale è da assegnare al miglioramento delle altre componenti che determinano il consumo?

Infatti, solo il risparmio dovuto al miglioramento dell’efficienza del motore può essere facilmente trasferito alle altre autovetture ipotizzando l’adozione su tutte di questo nuovo tipo di motore e conservando le altre caratteristiche (ad esempio quelle estetiche a cui gli automobilisti tengono tanto).

Per rispondere a questa domanda dovremmo prendere in considerazione e determinare quantitativamente i contributi delle seguenti voci del bilancio energetico di un autoveicolo in marcia alla velocità V:

1. E = Energia motrice proveniente dal combustibile bruciato = input d’energia.

2. E1 = Energia cinetica posseduta dal mezzo = energia immagazzinata.

3. E2 = Energia dissipata dagli attriti meccanici interni e dai servizi di lubrificazione e di raffreddamento = energia in output.

4. E3 = Energia dissipata dall’attrito volvente delle ruote sulla strada = energia in output.

5. E4 = Energia dissipata per vincere la resistenza dell’aria = energia in output.

6. E5 = Energia spesa per superare i dislivelli di quota.

Il bilancio energetico è presto fatto. Istante per istante deve essere:

E = E1 + E2 + E3 + E4 + E5

Se si procede ad un’analisi puntuale delle diverse voci dissipative del bilancio energetico, si trova che tutte dipendono in modo inverso dall’efficienza del motore, ma in particolare una, E4, viene a dipendere anche dai fattori aerodinamici e ciò gioca un ruolo importante alla velocità di marcia cosiddetta di crociera. Infatti, una volta raggiunta tale velocità, l’energia motrice serve in gran parte a vincere le forze di attrito che si oppongono all’avanzamento del mezzo nell’aria. Come è noto, la resistenza dell’aria corrisponde ad una forza opposta al moto la cui intensità è proporzionale al prodotto dei seguenti fattori: la densità dell’aria, la sezione traversa del mezzo, il coefficiente di penetrazione o di forma e la velocità dell’automezzo elevata al quadrato. A parità delle altre condizioni, la dipendenza quadratica fa sì che ad un raddoppio della velocità corrisponda una forza frenante dell’aria d’intensità quattro volte maggiore. Ciò fa sì che per vincere tale resistenza occorre ricorrere sempre a maggiore potenza e, quindi, il maggior consumo viene a dipendere ancora in modo inverso dall’efficienza del motore. Però, tale forza resistente dipende linearmente dalla sezione dell’autovettura e dal coefficiente di penetrazione, detto comunemente Cx. E’ chiaro quindi che se si vuole ridurre il consumo dovuto alla resistenza dell’aria, si può agire anche riducendo sia la sezione traversa del mezzo, sia il suo Cx.

In definitiva, quindi, l’aumento della percorrenza delle nuove autovetture a basso consumo, oltre all’aumento dell’efficienza del motore, è dovuto anche all’azione di miglioramento del comportamento aerodinamico. Nella sostanza si tratta di stabilire quanto può aver influito sul miglioramento della percorrenza l’aumento dell’efficienza meccanica del motore e quanto sia dovuto alla riduzione del peso dell’autovettura, al miglioramento dell’aerodinamica e alla riduzione degli attriti. Per i nostri fini possiamo validamente assumere una grossolana approssimazione basata essenzialmente sul fatto che le stesse autovetture in versione con motore a benzina, (stessa carrozzeria, pressappoco stesso peso e stessa meccanica), mostrano un miglioramento della percorrenza specifica situato intorno al 50% rispetto alla situazione dei modelli precedenti. Di conseguenza è da ritenere che questa sia la quota da attribuire ai miglioramenti intervenuti nella meccanica e nell’aerodinamica delle autovetture, mentre il restante 50% può essere attribuito all’adozione del nuovo motore diesel. Si deve pertanto dedurre in base alla (4) che l’efficienza del nuovo motore di questa classe di autoveicoli possa essere aumentata in termini percentuali di una quantità intorno al 50% rispetto alla motorizzazione precedente. In altri termini, possiamo considerare che l’efficienza sia passata dal 25% a circa il 37%. Cioè il consumo specifico si è ridotto a 0,217 kep/kWh, cosa che è confermata dai dati tecnici pubblicati recentemente dalla rivista AUTO per i nuovi motori diesel a cui è attribuito un consumo specifico di 0.21 kg/kWh (De Vita E., AUTO Dicembre 2005, p.166). L’aumento è stato pertanto di 12 punti percentuali.

Pertanto, in linea teorica e a parità di tutte le altre condizioni (peso, meccanica, fattore di forma, fattore di penetrazione) la semplice adozione generalizzata di questo nuovo tipo di motore nelle autovetture della stessa classe potrebbe permettere il risparmio di 12 punti nel consumo di combustibile.

L’estensione di queste considerazioni alle altre classi di autoveicoli richiederebbe altrettante valutazioni circa l’incidenza del miglioramento delle caratteristiche del motore sulla percorrenza. Sicuramente si otterrebbero altre coppie di valori diverse da quella, 50%-50%, da noi considerata e quindi i punti di risparmio energetico sarebbero diversi. Non vi è dubbio, comunque, che il miglioramento dell’efficienza del motore porterebbe ad un risparmio consistente nel consumo di combustibile.

Il miglioramento evidenziato per il nostro caso potrebbe essere esteso gradualmente (ma partendo subito) all’intero parco degli autoveicoli con provvedimenti di carattere amministrativo e di natura impositiva e/o incentivante. Anche considerando un miglioramento medio complessivo inferiore ai 12 punti del caso esaminato, diciamo pure la metà, cioè 6 punti, un obiettivo di breve-medio periodo potrebbe essere conseguito con una diminuzione del consumo di petrolio nei trasporti della stessa entità percentuale, circa 2,6 Mtep all’anno, che corrisponde a circa l’1,5% del consumo nazionale di combustibili fossili con benefici ambientali che l’intero programma sulle nuove fonti rinnovabili potrà raggiungere soltanto in tempi più lunghi.

Supponendo che la ripartizione dei consumi energetici tra settore passeggeri e settore merci si sia mantenuta fino ad oggi invariata rispetto alla situazione illustrata nella Tab.2, proviamo ad assumere un’ipotesi più realistica. Escludiamo dal conto i mezzi di trasporto delle merci, lasciando le modalità di legge invariate per la evidente delicatezza strategica che tale comparto riveste, e rivolgiamo l’attenzione soltanto al settore del trasporto passeggeri. Si vede che il risparmio conseguibile è pari al 70% del caso precedente, ancora molto significativo. In altri termini 1,8 Mtep all’anno, corrispondenti all’1% del consumo nazionale d’energia fossile, potrebbero essere risparmiati.

Come conclusione a questo argomento si deve necessariamente suggerire che il miglioramento dei consumi dovrebbe essere fissato imponendo, in fase di omologazione, ai costruttori di autovetture per il trasporto passeggeri un limite inferiore al valore dell’efficienza dei motori e nel contempo concedendo incentivazioni al mercato in modo che il provvedimento possa portare a risultati di risparmio energetico simili a quelli sopra indicati.

Altri possibili miglioramenti

1. Riduzione della spesa energetica dovuta al peso delle autovetture

Nella fase di avvio e di moto a velocità variabile, cioè essenzialmente durante il moto urbano, il consumo di combustibile dipende, oltre che dall’efficienza del motore, anche dal peso dell’autoveicolo. Riducendo il peso, si riduce il consumo. Questa affermazione lapalissiana finora è stata volutamente ignorata considerando come se fosse un assioma la proposizione: “Il peso fa robustezza e quindi maggior peso = maggiore sicurezza”, cosa che non è affatto vera.

Inoltre, a parità delle altre condizioni, la superficie di contatto dei pneumatici con il terreno gioca un grande ruolo nella spesa energetica dovuta all’attrito volvente. L’ampiezza della superficie di contatto dipende in modo diretto da due fattori: la sezione dei pneumatici e il peso dell’autovettura. La riduzione della sezione dei pneumatici può contribuire notevolmente alla diminuzione della spesa energetica, come sa bene ogni buon corridore ciclista, che si sforza ad assottigliare la sezione dei tubolari della bicicletta per avere sempre migliori prestazioni. Allo stesso modo, la riduzione del peso fa diminuire l’area di contatto e quindi riduce l’attrito volvente. Al contrario, si assiste oggi al fatto che nel settore del trasporto passeggeri un’autovettura privata di media classe pesi intorno ai 1000-1500 kg e che essa in genere trasporti soltanto una persona dal peso di circa 80-120 kg, bagaglio compreso. Ne consegue che il contributo di consumo dovuto al peso dell’automezzo è ripartito per il 90% sull’autovettura e soltanto per il 10% sul carico utile, cioè è speso per il passeggero. Le tecnologie attuali dei nuovi materiali compositi offrono l’opportunità di rivedere, almeno in gran parte, il concetto di robustezza associato al peso e di progettare autovetture ugualmente sicure con un peso totale sensibilmente minore di quello attuale e lo stesso è possibile per i pneumatici.

2. Limitazione della potenza motrice

La relazione (4) ci mostra come il consumo orario di combustibile dipenda in modo lineare dalla potenza sviluppata dal motore. Tale potenza è necessaria per far muovere il mezzo e per fargli raggiungere e poi mantenere la velocità di crociera. Questa nel nostro Paese è fissata per legge a non più di 90 km/h sulle strade normali e 130 km/h sulle autostrade. Per le autovetture private per il trasporto passeggeri, qualunque sia la classe, è sufficiente una potenza di circa 20-30 kW per raggiungere in pochi secondi questa velocità limite e per mantenerla indefinitamente. Ammettiamo pure la necessità di disporre di un certo margine di riserva di potenza per fronteggiare i sorpassi e le salite. Concludiamo che la potenza limite di 50-60 kW (70-90 hp) potrebbe essere un soddisfacente compromesso. Le autovetture con potenza massima superiore a questo limite dovrebbero essere fortemente disincentivate.

3. Ottimizzazione del fattore di forma delle autovetture: i SUV

Da quanto abbiamo visto, un importante contributo al consumo di combustibile deriva dal fattore di forma. Quanto è più piccola la sezione traversa dell’automezzo e tanto più basso è il consumo. Inoltre a parità di sezione, quanto più basso è il coefficiente di penetrazione tanto minore è il consumo. Infine si è visto come il peso dell’autovettura e la larghezza dei pneumatici giochi un ruolo negativo rispetto alla spesa energetica. Mentre questi aspetti in passato sono stati tenuti nel dovuto conto soprattutto nel settore delle automobili private, oggi si assiste purtroppo a una tendenza opposta con il proliferare delle vetture “fuoristrada”. E’ evidente che per tali vetture sia il peso, sia la sezione dei pneumatici, sia la sezione trasversa del mezzo, sia il Cx vanno in senso contrario ai criteri di risparmio energetico, aggiungendosi in negativo alla necessità di compensare l’eccesso di spesa energetica con una maggiorazione della potenza del motore e quindi con un maggior consumo. E’ il paradosso dei SUV (Sport Utility Vehicle). In questo ed in altri casi analoghi si dovrebbe disincentivare fortemente l’uso di tali vetture confinandolo chiaramente nel campo delle necessità di lavoro e non per il trasporto passeggeri.

Conclusione

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, previsti dal Protocollo di Kyoto, sono ormai divenuti per l’Italia un impegno urgentissimo da dover soddisfare in tempi brevi. Tutte le misure, intraprese sul fronte delle fonti rinnovabili vanno decisamente perseguite, ma i loro risultati richiedono tempi abbastanza lunghi, che mal si conciliano con il continuo aumento del consumo dei combustibili fossili ed il conseguente aumento del tasso d’inquinamento. Significativi risultati possono essere efficacemente conseguiti in tempi brevi intervenendo con misure di incentivazione/disincentivazione per il risparmio energetico nei settori d’uso dell’energia, primo fra tutti quello dei trasporti dove ogni punto percentuale di risparmio può produrre un grande ed immediato effetto ambientale.

Ringraziamento

Si ringrazia sentitamente il dott. Leonardo Libero per gli utili commenti e i suggerimenti forniti, che hanno consentito il miglioramento del testo.