Il petrolio che mangiamo: risalendo la catena alimentare fino all'Iraq

Febbraio 2004

Il segreto di una grande ricchezza priva di una origine evidente è un qualche crimine dimenticato, dimenticato perché è stato eseguito in modo pulito.
Balzac

La prima regola del giornalista recita: segui il denaro. Questa regola non è assiomatica, ma derivata, in quanto il denaro, come direbbe anche il nostro vicepresidente, è in realtà un modo di seguire l'energia. Dunque, seguiremo l'energia.

Sin da bambini impariamo che non esistono pasti gratis, che non si ottiene qualcosa senza dare niente in cambio, che ciò che sale deve ridiscendere, e così via. La versione scientifica di queste verità è solo leggermente più complicata. Come James Prescott Joule scoprì nel diciannovesimo secolo, c'è solo una quantità prefissata di energia. La si può convertire da movimento a calore, da calore a luce, ma non ce ne sarà mai di più, né di meno. La conservazione dell'energia non è una possibilità, è un fatto. Questo si chiama primo principio della termodinamica.

Noi esseri umani, per quanto speciali possiamo essere, non siamo esentati dal rispetto delle regole. Tutti gli animali mangiano piante, o mangiano animali che mangiano piante. Questa è la catena alimentare, e ciò che la fa funzionare è l'insostituibile capacità delle piante di convertire la luce del sole in energia immagazzinata sotto forma di carboidrati, che sono il carburante di base di tutti gli animali. La fotosintesi, alimentata dalla luce del sole, è l'unica maniera di produrre questo carburante. Non c'è alternativa all'energia delle piante, come non c'è alternativa all'ossigeno. Gli effetti dell'eliminazione dell'energia di origine vegetale possono non essere così immediati come quelli della mancanza di ossigeno, ma sono altrettanto certi.

Gli scienziati hanno dato un nome alla quantità totale di massa vegetale creata dalla Terra in un anno, che costituisce il budget totale di energia disponibile per la vita. La chiamano la "produttività primaria" del pianeta. Ci sono stati due tentativi di valutare come questa produttività venga impiegata, uno da parte di un gruppo dell'Università di Stanford, mentre l'altro è un conteggio indipendente effettuato dal biologo Stuart Pimm. Entrambi hanno concluso che noi esseri umani, una singola specie tra i milioni che popolano il pianeta, consumiamo circa il 40 per cento della produttività primaria della Terra, il 40 per cento di tutto quello che è disponibile. Questo semplice numero spiega perché l'attuale tasso di estinzione è 1000 volte più alto di quello che si aveva prima della dominazione umana del pianeta. Noi, 6 miliardi di esseri umani, abbiamo in pratica rubato il cibo alle altre specie, e i ricchi tra di noi lo hanno fatto in maniera molto maggiore degli altri.

L'energia non può essere creata o distrutta, ma può essere concentrata. Questo è il contesto esplicativo più ampio in cui inquadrare un pro-memoria sulla sicurezza nazionale scritto da George Kennan nel 1948 in qualità di presidente di un comitato di pianificazione del Dipartimento di Stato, il cui tema era apparentemente la politica asiatica, ma che in realtà definiva come gli Stati Uniti avrebbero dovuto gestire il ruolo appena conquistato di potenza dominante sulla Terra. "Possediamo circa il 50 per cento della ricchezza del mondo, ma solo il 6,3 per cento della popolazione", scrisse Kennan. "In questa situazione, non potremo evitare di essere oggetto di invidia e risentimento. Il nostro compito, negli anni a venire, è di mettere in piedi una rete di relazioni che ci consenta di mantenere questa posizione di disparità senza detrimento per la nostra sicurezza nazionale. Per riuscirci, dovremo fare a meno di sentimentalismi e sogni ad occhi aperti; e la nostra attenzione dovrà concentrarsi ovunque sui nostri obiettivi nazionali immediati. Non dobbiamo illuderci di poterci permettere il lusso dell'altruismo e di poter fare i benefattori del mondo."

"Non è lontano il giorno," concluse Kennan, "in cui dovremo rapportarci al resto del mondo in termini di pura e semplice potenza."

Seguendo l'energia, si finisce prima o poi in un campo coltivato. Gli uomini cimentano il loro ingegno in un numero vertiginoso di industrie e mestieri. Tuttavia, più di due terzi dei consumi umani di produttività primaria sono dovuti all'agricoltura, e due terzi di questi consistono di tre piante: riso, grano e granoturco. Nei 10.000 anni trascorsi da quando gli esseri umani hanno addomesticato questi tre cereali, la loro importanza è rimasta incontrastata, essenzialmente a causa del fatto che sono capaci di immagazzinare l'energia solare in agglomerati di carboidrati con caratteristiche uniche di densità e trasportabilità. Essi rappresentano per il regno vegetale ciò che un barile di petrolio raffinato è per il mondo degli idrocarburi. In effetti, idrocarburi a parte, si tratta della forma più concentrata di vera ricchezza - energia solare - reperibile sul pianeta.

Come riconosiuto da Kennan, tuttavia, il mantenimento di una tale concentrazione di ricchezza spesso richiede azioni violente. L'agricoltura è un esperimento umano recente. Per la maggior parte della storia dell'uomo, siamo vissuti raccogliendo o uccidendo una ampia varietà di doni della natura. Il motivo per cui gli esseri umani abbiano scambiato questo approccio con le complessità dell'agricoltura è un problema interessante e da tempo dibattuto, specialmente in quanto l'evidenza ottenuta dallo studio dei loro scheletri indica chiaramente che i primi agricoltori erano più denutriti, più soggetti a malattie e deformità, dei loro contemporanei dediti alla caccia e alla raccolta di prodotti della natura. L'agricoltura non migliorò la maggior parte delle vite. L'evidenza che meglio suggerisce la risposta, a mio parere, risiede nella differenza tra i primi villaggi agricoli e le loro controparti dei cacciatori-raccoglitori - la presenza non soltanto di cereali, ma anche di granai e, soprattutto, di alcune case molto più grandi e decorate delle altre, situate accanto ai granai. L'agricoltura non riguarda tanto il cibo, quanto l'accumulazione di ricchezza. La sua introduzione fu di beneficio per alcuni uomini, e queste persone sono rimaste al potere da allora fino ad oggi.

L'addomesticamento segnò un cambiamento radicale nella distribuzione di ricchezza anche all'interno del regno vegetale. Le piante possono spendere il loro reddito solare in parecchi modi differenti. La strategia dominante è quella prudente che consiste nell'allocazione della maggior parte di esso nella crescita di radici, fusto, corteccia - un portafoglio di investimenti conservativo che permette alle piante di raccogliere meglio l'energia e di sopravvivere agli anni di magra. In più, vivendo in appezzamenti caratterizzati da una elevata biodiversità (un dato pezzo di prateria vergine può contenere circa 200 specie di piante), queste piante perenni si forniscono a vicenda dei servizi, come la ritenzione dell'acqua, la protezione vicendevole dal vento, e il fissaggio dell'azoto atmosferico da usare come fertilizzante. La diversità consente ad un sistema di "rendersi garante della propria fertilità", per usare l'espressione dell'agronomo visionario Wes Jackson. Questa è la norma nel regno vegetale.

C'è però un ristretto gruppo di piante a ciclo annuale che crescono in chiazze popolate da una singola specie, e immagazzinano quasi tutto il loro introito sotto forma di un seme, un denso agglomerto di carboidrati facilmente sfruttabili da mangiatori di semi quali noi siamo. In circostanze normali, questa strategia da "tutte le uova in un paniere" è una idea stupida. Ma non è così in occasione di catastrofi come inondazioni, incendi ed eruzioni vulcaniche. Queste catastrofi sradicano le comunità di piante già stabilite e creano opportunità per gli intraprendenti produttori di semi che si propagano grazie al vento. Non è un caso che ovunque nel mondo si sia sviluppata l'agricoltura, ciò si è verificato vicino ai fiumi. Si potrebbe ipotizzare, come molti hanno fatto, che questo sia avvenuto perché le piante necessitavano di acqua o nutrienti. Perlopiù non è così. Esse avevano bisogno della potenza delle inondazioni, che spazzavano il territorio ed eliminavano i competitori. Non è neanche un caso, io credo, che l'agricoltura nacque indipendentemente e simultaneamente intorno al globo proprio alla fine dell'ultima era glaciale, un periodo di enormi sconvolgimenti in cui lo scioglimento dei ghiacci creò laghi grandi come mari in grado di creare grandi maree erosive. Fu un'epoca di catastrofi.

Il granturco, il riso ed il grano sono particolarmente adattati alle catastrofi. È la loro nicchia. Nello schema naturale delle cose, una catastrofe crea un suolo nudo, una tabula rasa, che è ciò che occorre loro. Successivamente, sempre in circostanza normali, il susseguirsi degli eventi chiude velocemente la nicchia. Le piante annuali colonizzano la zona. Le loro radici stabilizzano il suolo, accumulano materia organica, forniscono copertura del terreno. In tal modo la nicchia creata dalla catastrofe si chiude. L'agricoltura è il processo con cui quella nicchia viene ricreata ad intervalli regolari. È una catastrofe artificiale che avviene con ritmo annuale, e richiede l'equivalente di otto o dieci tonnellate di TNT per ettaro nel caso di una moderna fattoria statunitense. I campi dello Iowa richiedono ogni anno un'energia pari a quella di 4000 bombe simili a quella di Nagasaki.

L'Iowa è oggi quasi completamente coperto di campi coltivati. Rimane pochissima prateria, e se riuscite a trovarne quello che gli abitanti chiamano "un francobollo", molto probabilmente confinerà con un campo di granturco. Questo consente di fare un'osservazione. Provate a camminare dalla prateria al campo coltivato, e molto probabilmente scenderete di circa due metri, come se la terra fosse stata rubata da sotto i vostri piedi. I racconti dei pionieri sulla conquista della prateria menzionano un suono, una serie di schiocchi, simili a colpi di pistola: il suono di vigorose radici di piante erbacee spezzate da un aratro versoio. Era in corso un rapina.

Quando diciamo che il suolo è ricco, non è una metafora. È ricco di energia come un pozzo di petrolio. Una prateria converte questa energia in fiori, radici e fusti, che a loro volta restituiscono questa energia al terreno sotto forma di materia organica morta. Si formano così strati di suolo che formano una ricca riserva di energia, una sorta di banca. Un campo coltivato a cereali si appropria di questa energia e la trasferisce in semi che poi noi mangiamo. Molta di questa energia passa dalla terra agli anelli di grasso intorno al nostro collo e alla nostra vita. E molta di questa energia viene semplicemente sprecata, come una scia di dollari che trabocca dalla tasca del ladro.

Ho già menzionato che gli esseri umani si impossessano ogni anno del 40% della produttività primaria del globo. Forse avrete immaginato che la usiamo per nutrire noi stessi e il nostro bestiame, ma non è così. Una frazione di questo totale - quasi un terzo - è la massa vegetale potenziale che viene persa quando le foreste vengono abbattute per far posto alle coltivazioni, o quando le foreste tropicali vengono tagliate per creare pascoli, o quando gli aratri distruggono il profondo groviglio di radici che tengono insieme una prateria, dando così il via all'erosione del terreno. Il Dust Bowl (serie di tempeste di sabbia che si verificarono negli USA nel corso degli anni '30 a causa dell'eccessivo sfruttamento dei terreni, causando la migrazione forzata di centinaia di migliaia di contadini, NdT) non è stato un accidente di natura. Una prateria funzionante produce in un anno più biomassa del più avanzato e tecnologico campo di grano. Il problema è che la produce principalmente sotto forma di erba e radici che noi esseri umani non possiamo mangiare. Di conseguenza noi rimpiazziamo la prateria con la nostra erba preferita, il grano. Senza curarci del fatto che diamo da mangiare la maggior parte dei nostri cereali al bestiame, il quale sarebbe perfettamente felice di mangiare erba. E senza considerare che molto probabilmente erano più i bisonti prodotti naturalmente sulle Grandi Pianure prima dell'agricoltura che i bovini che agricoltura e allevamento riescono a produrre oggi sulla stessa superficie. I nostri antenati hanno trovato preferibile prelevare l'energia dal terreno, e quando questa era esaurita spostarsi altrove.

È ciò che facciamo anche oggi, con la differenza che quando la cassaforte è vuota la riempiamo con nuova energia, sotto forma di fertilizzanti ottenuti dal petrolio. Il petrolio non è altro che produttività primaria immagazzinata sotto forma di idrocarburi, una sorta di fondo fiduciario costruito nell'arco di molte migliaia di anni. In media, occorrono 50 litri di energia fossile per restituire l'equivalente di un anno di fertilità perduta ad un ettaro di terreno soggetto ad erosione - nel solo 1997 abbiamo bruciato l'equivalente di 400 anni di antica produttività primaria fossilizzata, perlopiù proveniente da altri luoghi. Anche mentre si restringe, la terra sotto lo Iowa viene globalizzata.

Seimila anni prima che i distruttori di praterie dissodassero lo Iowa, i loro antenati di sangue caucasico dissodarono la pianura ungherese, un'area sita a nord-ovest del Caucaso. Gli archeologi chiamano questo popolo LBK, abbreviazione di linearbandkeramik, la parola tedesca che descrive i caratteristici resti di ceramiche che caratterizzano la loro occupazione dell'Europa. Gli antropologi li chiamano "il popolo del grano e dei bovini", un nome che meglio svela il collegamento tra questi antichi uomini che vivevano lungo il Danubio e i miei conterranei del Montana che vivono lungo la parte alta del corso del fiume Missouri. Questi proto-Europei erano dotati di un insieme completo di piante ed animali domestici, ma il grano e i bovini dominavano. Tutte le specie addomesticate vengono da un'area situata lungo l'attuale confine tra Turchia, Siria ed Iraq, ai piedi dei monti Zagros. Questo è il centro di addomesticamento dei principali tipi di coltivazioni e di bestiame del mondo occidentale, il "ground zero" dell'agricoltura catastrofica.

Altri due tipi di agricoltura catastrofica si sono evoluti più o meno nella stessa epoca, uno incentrato sul riso in quello che oggi sono la Cina e l'India e uno incentrato su granturco e patate in America Centrale e nel Sudamerica. Il riso però è una pianta tropicale e la sua espansione dipende dalla disponibilità di acqua, per cui esso si sviluppò solo nelle pianure alluvionali, negli estuari e nelle paludi. La coltivazione del granturco era altrettanto vorace di quella del grano, e gli Aztechi potevano essere altrettanto brutali ed imperialisti dei Romani o degli Inglesi, ma le culture del granturco collassarono sotto l'assalto della conquista spagnola. Il granturco si aggregò alla coalizione del popolo del grano e dei bovini. Il grano era un costruttore di imperi; erano le sue stesse caratteristiche botaniche a dettare l'espansione e la violenza che oggi conosciamo sotto il nome di imperialismo.

Il popolo del grano e dei bovini si espanse attraverso le pianure dell'Europa occidentale in meno di 300 anni, una conquista a cui alcuni archeologi si riferiscono col termine "blitzkrieg". Una razza differente di esseri umani, i Cro-Magnon - cacciatori-raccoglitori, non agricoltori - viveva a quel tempo su queste pianure. La loro arte rupestre in luoghi come Lascaux testimonia il loro livello di sofisticazione e il loro profondo legame con la natura. È probabile che praticassero la caccia e la raccolta principalmente sugli altopiani e nel letto dei fiumi, luoghi di cui i coltivatori di grano non avevano bisogno, il che suggerisce la possibilità di una convivenza. Non è questo però ciò che accadde. Evidenze sia genetiche che linguistiche dimostrano che gli agricoltori uccisero i cacciatori. I Baschi sono probabilmente i soli discendenti dei Cro-Magnon, l'unica traccia.

I siti archeologici dei cacciatori-raccoglitori del periodo contengono punte di lancia che originariamente appartenevano agli agricoltori, e possiamo supporre che non si trattasse di frutti del commercio. Un gruppo di antropologi ne conclude che "L'evidenza che si ottiene dall'estensione verso ovest dei LBK lascia poco spazio per conclusioni diverse da quella che le interazioni tra LBK e Mesolitici andavano dal gelido all'ostile". I sopravvissuti di popoli come Piedi Neri, Sioux, Inca e Maori probabilmente hanno un'idea molto chiara sulla natura di queste interazioni.

Il grano è adatto ai climi temperati e predilige le praterie arate. Il globo ha una quantità limitata di praterie con clima temperato, così come ha una quantità limitata di tutti gli altri biomi. In media, circa il 10 per cento di tutti gli altri biomi rimane oggi in uno stato in qualche modo simile a quello nativo. Viceversa, solo l'1 per cento delle praterie temperate non è stato distrutto. Il grano si prende ciò di cui ha bisogno.

Le praterie temperate si trovano soprattutto in quelli che oggi sono gli Stati Uniti, il Canada, le pampas sudamericane, la Nuova Zelanda, l'Australia, il Sud Africa, l'Europa e l'estensione asiatica delle pianure europee nelle steppe sub-siberiane. Quest'area descrive più o meno il Primo Mondo, il mondo sviluppato. Le praterie temperate non costituiscono solo l'habitat del grano e dei bovini, ma anche le zone abitate dai caucasici, con lingue e cognomi europei. Nel 2000 i paesi delle praterie temperate, che potremmo chiamare le neo-Europe, hanno prodotto circa l'80 per cento di tutte le esportazioni mondiali di grano, e circa l'86 per cento di tutto il granturco. Questo esprime il fatto che le neo-Europe dominano l'agricoltura mondiale. Il dominio non è limitato al grano. Questi paesi, più la madrepatria - l'Europa - hanno totalizzato nel 1999 i tre quarti di tutte le esportazioni agricole di tutti i prodotti.

Platone scrisse a proposito delle campagne del suo paese:

Ciò che rimane oggi di una terra che una volta era ricca somiglia allo scheletro di un malato. Una volta molte montagne erano arabili. Le pianure, che avevano suoli ricchi e fertili, sono oggi ridotte a paludi. Le colline, che erano un tempo coperte di foreste e producevano abbondante foraggio, adesso producono solo cibo per le api. Un tempo la terra era arricchita dalle pioggie annuali, che non venivano perse come accade oggi che fluiscono dalla terra brulla fin dentro il mare. Il suolo era profondo, assorbiva e conservava l'acqua nella terra grassa, e l'acqua che inzuppava le colline alimentava ovunque sorgenti e ruscelli. I templi oggi abbandonati che sorgono dove un tempo c'erano delle sorgenti attestano che la nostra descrizione del territorio è veritiera.

Il lamento di Platone affonda le sue radici nella coltivazione del grano, che impoverì i suoli del suo paese e successivamente causò la serie di declini che spostò i centri della civiltà a Roma, in Turchia e nell'Europa occidentale. Nel quinto secolo, tuttavia, la strategia del grano di impoverire il suolo e spostarsi incontrò l'Oceano Atlantico. L'agricoltura del grano è come quella del riso. Bilancia le sue equazioni grazie alle carestie. Nel millennio tra il 500 e il 1500 la Gran Bretagna soffrì una carestia "correttiva" ogni dieci anni circa; in Francia durante lo stesso periodo ce ne furono settantacinque. La loro incidenza, tuttavia, diminuì bruscamente quando la colonizzazione portò in Europa un nuovo flusso di cibo.

Le nuove terre ebbero un effetto anche maggiore sui coloni stessi. Thomas Jefferson, dopo aver dovuto sopportare una lezione sulla natura rustica da parte dei suoi ospiti durante una cena a Parigi, fece notare che tutti gli americani presenti erano di una testa più alti di tutti i francesi. In effetti, i coloni di tutte le neo-Europe godevano di una maggiore statura e longevità, così come di un tasso di mortalità infantile più basso - tutti indicatori della migliore nutrizione consentita dalla dissipazione del capitale accumulato nel suolo vergine.

Le carestie precoloniali dell'Europa sollevarono la domanda: Cosa sarebbe accaduto quando la disponibilità di nuove terre arabili a livello planetario si fosse esaurita? Oggi abbiamo una risposta chiara. Intorno al 1960 l'espansione incontrò i propri limiti, e la disponibilità di terre arabili, non coltivate in precedenza, giunse al termine. Non c'era più nulla da arare. Ciò che accadde fu che le rese di cereali triplicarono.

Il nome comunemente accettato per questa strana sequenza di eventi è rivoluzione verde, anche se dovrebbe più propriamente essere chiamata rivoluzione ambra, perché si applicò solo ai cereali - grano, riso e granturco. I riproduttori di piante armeggiarono con l'architettura di questi tre cereali in modo che potessero essere sovraccaricati di acqua di irrigazione e fertilizzanti chimici, soprattutto azoto. Questa innovazione si mescolò a meraviglia con l'aumentata "efficienza" dell'agricoltura industrializzata. Con la possibile eccezione dell'addomesticamento del grano, la rivoluzione verde è la cosa peggiore che sia mai accaduta al nostro pianeta.

Tanto per cominciare, distrusse ovunque nel mondo schemi di vita rurale da lungo tempo stabiliti, allontanando dalla terra un gran numero di persone non più necessarie e sprofondandole nella più nera povertà. L'esperienza sul controllo della popolazione nei paesi in via di sviluppo è oggi chiara. Il problema non è tanto che le persone producono altre persone quanto il fatto che producono altre persone povere. Nel quarantennio iniziato intorno al 1960 la popolazione mondiale è raddoppiata, e quasi l'intero incremento di 3 miliardi di persone ha riguardato le classi più povere del mondo, che sono anche le più feconde. La maniera in cui la rivoluzione verde ha fornito tutti quei cereali ha dato un grande contributo all'esplosione della popolazione, ed è il peso della popolazione che lascia l'umanità nella attuale insostenibile posizione.

La discussione relativa a questi, i più poveri, è tuttavia irrilevante per la situazione statunitense. Noi diciamo di avere dei poveri, ma praticamente nessuno in questo paese vive con meno di un dollaro al giorno, che è il riferimento usato per definire la povertà a livello mondiale. Questa condizione definisce una classe di 1,3 miliardi di persone, lo zoccolo duro del più vasto gruppo di 2 miliardi di persone sofferenti di malnutrizione cronica che costituiscono un terzo dell'intera umanità. Possiamo qui scordarci di loro, come fanno la maggior parte degli statunitensi.

Più rilevanti per il nostro discorso sono i metodi della rivoluzione verde, che hanno aumentato la devastazione di ordini di grandezza. Estraendo ferro dalle miniere per costruire trattori, scavando nuovi pozzi per ottenere il carburante necessario a farli andare e per produrre fertilizzanti azotati, e prelevando acqua che la pioggia e i fiumi aveva destinato ad altri terreni, l'agricoltura estese i suo confini, il suo dominio, a terreni che non erano coltivabili. Allo stesso tempo estese i suoi confini nel tempo attingendo all'energia fossile, sperperando risorse del passato.

L'ipotesi oggi comunemente accettata è che mettiamo mano alle armi per assicurarci il petrolio, non il cibo. C'è un piccolo equivoco in questo. Dal momento in cui abbiamo esaurito la terra arabile, il cibo è petrolio. Ogni singola caloria che ingurgitiamo ha alle spalle almeno una caloria di petrolio, più probabilmente dieci. Nel 1940 la tipica fattoria degli Stati Uniti produceva 2,3 calorie di cibo per ogni caloria di petrolio che utilizzava. Nel 1974 (l'ultimo anno in cui qualcuno esaminò in dettaglio la questione) il rapporto era 1:1. E questa è una sottostima del problema, perché contemporaneamente al fatto che c'è più petrolio nel nostro cibo c'è anche meno petrolio nel nostro petrolio. Un paio di generazioni fa si consumava molta meno energia per trivellare, pompare, distribuire, di quanta ne occorra oggi. Negli anni '40 si ottenevano circa 100 barili di petrolio per ogni barile speso per ottenerlo. Oggi ogni barile investito nel processo ne fa ottenere solo dieci, una stima che certamente non include tutto il carburante consumato dagli Hummer e dai Blackhawk usati per mantenere l'accesso al petrolio iracheno.

David Pimentel, un esperto di cibo ed energia che lavora alla Cornell University, ha stimato che se tutto il mondo mangiasse nel modo in cui mangiano gli Stati Uniti, l'umanità esaurirebbe tutte le riserve note di combustibili fossili in soli sette anni. Pimentel ha dei detrattori. Alcuni lo hanno accusato di aver sbagliato i suoi calcoli anche del 30 per cento. Va bene. In questo caso sono dieci anni invece che sette.

I fertilizzanti, così come li si trova sugli scaffali, sono ottimi per costruire bombe, una lezione di chimica che Timothy McVeigh insegnò all'Alfred P. Murrah Federal Building di Oklahoma City nel 1995 - una cosa non trascurabile se si pensa che la rivoluzione verde ha reso i fertilizzanti azotati onnipresenti in alcuni dei più violenti e disperati angoli del mondo. E tuttavia, c'è più da imparare studiando la parte meno sensazionale della chimica dell'azoto.

La paura della chimica dei tempi odierni non include la paura dei semplici elementi della tavola periodica. Si fanno firmare petizioni, si tengono audizioni, si creano siti web, e si comprano e vendono deputati in relazione a composti organici polisillabici - bifenili policlorurati, polivinili, DDT, 2-4d e simili - non a proposito di elementi come il carbonio o l'azoto. Non che l'uso in agricoltura deila chimica più sofisticata sia benigno - un bambino nato in una contea rurale degli Stati Uniti in cui si produca grano ha circa il doppio di probabilità di soffrire di malformazioni rispetto ad uno nato in un luogo rurale in cui non si produca grano, un effetto che i ricercatori attribuiscono agli erbicidi clorofenossici. Concentrarsi sull'inquinamento da pesticidi, tuttavia, porta a trascurare l'inquinante peggiore. È l'azoto - la fonte inesauribile di fertilità a cui si affidano tutti i giardinieri da cortile e i possessori di terreni suburbani ossessionati dal giardino dell'Eden - l'elemento che dovremmo temere di più.

Coloro che costruiscono modelli del nostro pianeta equiparandolo ad un organismo vivente lo fanno sulla base del fatto che la Terra sembra respirare - prospera convertendo una breve lista di elementi da un composto all'altro, proprio come i nostri corpi convertono ossigeno in anidride carbonica e le piante convertono anidride carbonica in ossigeno. In effetti, due degli umori più fondamentali del pianeta sono l'ossigeno e l'anidride carbonica. Un altro è l'azoto.

L'azoto può essere rilasciato dal suo stato "fissato" in forma solida nel suolo da processi naturali che gli permettono di circolare liberamente nell'atmosfera. Lo si può anche fare artificialmente. Infatti, oggi l'uomo immette nel ciclo dell'azoto più azoto di quanto faccia il pianeta stesso. In altri termini, l'uomo ha raddoppiato la quantità di azoto in gioco.

Questo ha portato a uno squilibrio. È più facile produrre fertilizzanti azotati che applicarli in maniera uniforme ai campi. Quando i contadini rilasciano azoto su una coltura, molto di esso viene sprecato. Finisce nelle acque o nel suolo, dove reagisce chimicamente formando nuovi composti oppure scorre via, andando a fertilizzare qualcos'altro in qualche altro posto.

La reazione chimica che abbiamo menzionato, chiamata acidificazione, è nociva e contribuisce in maniera significativa alle piogge acide. Uno dei composti prodotti dall'acidificazione è l'ossido nitroso, che aggrava l'effetto serra. Normalmente tutte le cose verdi che crescono contrastano il riscaldamento globale succhiando anidride carbonica, ma l'azoto immesso nei campi più il metano prodotto dai vegetali in decomposizione fanno sì che ogni ettaro coltivato, al pari di ogni ettaro coperto da autostrade a Los Angeles, contribuisca a conti fatti al riscaldamento globale. La fertilizzazione è ugualmente preoccupante. Le piogge e le acque irrigue inevitabilmente dilavano l'azoto dai campi fin nei ruscelli e nei torrenti, che fluiscono nei fiumi, che finiscono nell'oceano. Ciò spiega come mai il fiume Mississippi, che drena la Corn Belt, sia una catastrofe ambientale. L'azoto fertilizza artificialmente grandi fioriture di alghe che crescendo succhiano tutto l'ossigeno dall'acqua, una condizione che i biologi chiamano anossia, che vuol dire "povertà di ossigeno". In questo caso non c'è bisogno di calcolare gli effetti a lungo termine, perché la vita in questi luoghi non ha un lungo termine: tutto muore immediatamente. Gli effluvi del fiume Mississippi, pesantemente fertilizzati, hanno creato nel Golfo del Messico una zona morta grande quanto il New Jersey.

La principale produzione agricola degli Stati Uniti, il granoturco, è completamente immangiabile. Costituisce la materia prima di un settore industriale che produce sostituti del cibo. Analogamente, non si può mangiare il grano non processato. Sicuramente non si può mangiare il fieno. È possibile mangiare la soia non processata, ma perlopiù non lo si fa. Queste quattro produzioni coprono l'82 per cento della superficie agricola statunitense. L'agricoltura in questo paese non riguarda il cibo, riguarda beni che richiedono la spesa di ulteriore energia per essere trasformati in cibo.

Circa due terzi del granoturco degli Stati Uniti è etichettato "processato", il che significa che è macinato o raffinato in altri modi per usi alimentari o industriali. Più del 45 per cento di questa frazione diventa zucchero, specialmente dolcificanti ad alto tenore di fruttosio, l'ingrediente chiave di tre quarti di tutti i cibi processati, in particolare dei soft-drink, il cibo delle classi operaie e povere degli Stati Uniti. Non è una coincidenza che la pandemia di obesità in corso negli USA sia chiaramente correlata con l'aumento di cinque volte della produzione di sciroppo di granoturco, iniziato quando Archer Daniels Midland ne creò una versione ad alto tenore di fruttosio nei primi anni settanta. E non è una coincidenza che questo flagello colpisca perlopiù i poveri, che mangiano più cibo processato.

Tutto iniziò con l'industrializzazione nell'Inghilterra vittoriana. All'epoca l'impero era invaso dallo zucchero proveniente dalle piantagioni delle colonie. Allo stesso tempo, le città erano invase dai lavoratori delle fabbriche. Non c'erano modi adeguati per nutrirli. E allora nacque la pausa pomeridiana per il tè, dove il tè consisteva principalmente di acqua calda e zucchero. Se i lavoratori avevano qualche soldo in più, potevano anche permettersi pane e marmellata iper-zuccherata - un'industrializzazione alimentata dallo zucchero. Tra il 1860 e il 1890 ci fu in Gran Bretagna un aumento del 500 per cento dei consumi pro-capite di zucchero, nello stesso periodo in cui l'aspettativa di vita di un lavoratore in fabbrica di sesso maschile era di diciassette anni. Alla fine del secolo l'inglese medio ricavava circa un sesto del suo nutrimento totale dallo zucchero, esattamente la stessa percentuale degli statunitensi di oggi - il doppio di quanto raccomandato dai nutrizionisti.

C'è qui da considerare anche un altro aspetto energetico. Il tritare, macinare, inumidire, seccare e cuocere connesso alla preparazione di una colazione a base di cereali soffiati richiede circa quattro calorie di energia per ogni caloria contenuta nel cibo. Un pacco da un chilo di cereali per la prima colazione brucia nella sua preparazione l'energia di due litri di benzina. Complessivamente l'industria alimentare degli Stati Uniti usa circa dieci calorie di energia ottenuta da combustibili fossili per ogni caloria contenuta nel cibo che produce.

Questo numero non include il carburante usato per trasportare il cibo dalla fabbrica al negozio dietro l'angolo, o il carburante usato da milioni di persone per raggiungere migliaia di ipermercati situati ai margini delle città, dove i terreni costano poco. Sembra tuttavia che il ciclo del granturco stia per chiudersi. Se una coalizione bipartisan di legislatori provenienti dagli stati agricoli riuscirà a prevalere - e sembra che ci riuscirà - presto compreremo benzina contenente una frazione di alcol doppia rispetto ad oggi. L'alcol da miscelare ai combustibili è già oggi il secondo più importante derivato industriale del granturco, dopo i dolcificanti. Secondo uno studio, si spendono più calorie fornite da combustibili fossili per produrre l'etanolo di quante esso ne contenga. Il Dipartimento dell'Agricoltura afferma che il rapporto è più vicino a un litro e un quarto di etanolo per ogni litro di combustibile fossile investito. Il Dipartimento sostiene che si tratta di un affare, perché l'alcol è un "combustibile pulito". Questa pretesa pulizia è discutibile, quando si vada a vedere cosa esce dal tubo di scappamento, e certamente non tiene conto della zona morta nel Golfo del Messico, dell'inquinamento da pesticidi, né della foschia di gas che inducono il riscaldamento globale che esala da ogni campo coltivato. Inoltre non include una coscienza pulita; alcune persone potrebbero sentirsi a disagio sapendo che la fame di carburante dei nostri SUV compete con la domanda di cereali dei poveri.

Gli ecologisti, specialmente i vegetariani, argomentano in favore di un'alimentazione che attinga ai gradini più bassi della catena alimentare, in base a un semplice ragionamento sui flussi di energia. Una carota fornisce a chi la mangia tutta la sua energia, ma usare la carota per alimentare un pollo, e poi mangiare il pollo, riduce l'energia di un fattore dieci. Il pollo spreca parte dell'energia, ne immagazzina un'altra porzione sotto forma di penne, ossa e altre parti non edibili, e usa la maggior parte di essa semplicemente per vivere fino al momento in cui sarà mangiato. Una regola approssimata dice che quel fattore dieci si applica ogni volta che si sale di un livello nella catena alimentare, e per questo motivo alcuni pesci, come il tonno, sono un vero incubo energetico. Il tonno è un predatore secondario, il che vuol dire che non soltanto non mangia piante, ma mangia pesci che a loro volta si nutrono di altri pesci: aggiungendo uno zero al fattore moltiplicativo per ogni gradino, mangiare tonno risulta cento volte, o più probabilmente mille volte, meno efficiente che mangiare una pianta.

Questo ragionamento è corretto in linea generale, ma può rivelarsi fallace su alcuni dettagli. Dal punto di vista morale, i vegetariani sostengono che il loro modo di nutrirsi è più gentile nei confronti degli animali, anche se è difficile capire come distruggere il 99 per cento degli habitat della fauna selvatica, come l'agricoltura ha fatto nello Iowa, possa essere considerato una gentilezza. Nelle campagne del Michigan, ad esempio, i coltivatori di patate hanno un loro metodo per combattere le scorrerie del cervo dalla coda bianca. Gli sparano alla pancia con fucili di piccolo calibro, nella speranza che il cervo fugga zoppicando nel bosco e muoia lì senza appestare i campi di patate.

Lasciando da parte i diritti degli animali, i vegetariani possono perdere il vantaggio energetico se mangiano del cibo processato industrialmente, con le sue dieci calorie di energia fossile per ogni caloria di cibo prodotto. La domanda allora è: mangiare cibi processati, come hamburger di soia o latte di soia, cancella i benefici energetici dell'essere vegetariani? O, detto in altri termini, posso mangiare il mio spezzatino di agnello in pace? Forse. Se ho fatto le cose con cura, quel particolare agnello che mangio sarà stato allevato localmente e nutrito con erba, due fattori che chiaramente riducono di molto la quantità di energia necessaria alla produzione di un pasto. Ad esempio, conosco dei ranch qui in Montana dove le pecore si nutrono di erba locale in condizioni controllate - niente agricoltura, niente aratri, niente granturco, niente azoto. Nessuna ricchezza viene consumata. Io non posso mangiare l'erba direttamente. In questo modo, la cosa può andare avanti indefinitamente. Ci sono piccole nicchie come questa nel sistema. Il compito di ognuno di noi è di trovare queste nicchie.

È più probabile però che il tipico mangiatore di carne non ne venga fuori così bene, specialmente negli Stati Uniti. Consideriamo il caso della carne di manzo. I bovini sono dei ruminanti, per cui in teoria potrebbero vivere in modo analogo all'agnello nutrito con erba. Alcune culture pastorali - quelle del Sudamerica e del Messico ad esempio - hanno perfezionato delle meravigliose ricette a base di manzo nutrito con erba. Non è questa la nostra usanza negli Stati Uniti, e si tratta semplicemente di una questione di usanze. L'ottanta per cento dei cereali prodotti negli Stati Uniti va al bestiame. Il settantotto per cento di tutti i nostri manzi proviene da allevamenti intensivi, dove il bestiame mangia cereali, principalmente granturco e grano. Lo stesso vale per la maggior parte dei nostri maiali e polli. Gli animali passano la loro vita adulta ammassati spalla contro spalla in uno spazio poco più grande dei loro corpi, immersi fino alle ginocchia negli escrementi, ingozzati di cereali e di un flusso costante di antibiotici per prevenire le malattie che un simile tipo di confinamento invariabilmente causa. Il letame è ricco di azoto e un tempo costituiva il fertilizzante usato nelle fattorie. Gli allevamenti intensivi, tuttavia, sono situati oggi in località distanti dai campi coltivati, per cui molto semplicemente non è "efficiente" trasportarlo fino ai campi di granturco. Costituisce un rifiuto. Esala metano, un gas che produce riscaldamento globale. Inquina i corsi d'acqua. Occorrono trentacinque calorie di combustibili fossili per produrre una caloria di carne di manzo in questo modo; sessantotto ne occorrono per una caloria di carne di maiale.

E tuttavia, questi animali fanno qualcosa che noi non siamo capaci di fare. Convertono i carboidrati contenuti nei cereali in proteine di alta qualità. Tutto bene dunque, eccetto per il fatto che la produzione pro-capite di proteine negli Stati Uniti è circa il doppio del fabbisogno medio di un adulto. Le proteine in eccesso non possono essere conservate nel corpo umano in tale forma, ma vengono convertite in grasso. Questo è il risultato finale dell'agricoltura industrializzata, che appare come un monumento vivente su scala continentale a Rube Goldberg, un remake da messa nera del miracolo dei pani e dei pesci. La produttività delle praterie è persa in favore dei cereali, la produttività dei cereali è persa in favore del bestiame, le proteine del bestiame sono perse in grasso umano - il tutto con sussidi federali di circa 15 miliardi di dollari all'anno, due terzi dei quali vanno a due sole colture, il granturco e il grano.

Questo spiega perché l'esperto di problematiche energetiche David Pimentel è preoccupato della possibilità che il resto del mondo adotti i metodi statunitensi. E ne ha ben donde, perché il resto del mondo li sta adottando. Il Messico oggi usa il 45 per cento dei suoi cereali per nutrire il bestiame, una percentuale che era solo del 5 per cento nel 1960. L'Egitto è salito nello stesso periodo dal 3 per cento al 31 per cento, e la Cina, che ha un sesto della popolazione mondiale, è andata dall'8 per cento al 26 per cento. Tutti questi paesi hanno dei poveri che potrebbero fare buon uso dei cereali, ma non possono permetterseli.

Io vivo tra gli alci, e ho imparato a rispettarli. In una notte di luna piena nel periodo più freddo dell'inverno scorso ho guardato fuori dalla finestra della mia camera e ne ho visti una ventina pascolare in un pezzo di prato della grandezza di un salotto. Solo in quel pezzetto, scelto tra ettari di prateria popolati da altre specie di erba. Perché quel tipo e solo quel tipo di erba quella notte, nel pieno dell'inverno, quando le minacce alla loro sopravvivenza erano massime? Quale magico nutrimento era contenuto proprio in quella varietà? Cosa sa un animale selvatico che noi non sappiamo? Credo che quella conoscenza ci serva.

Il cibo è politica. A causa di questo, nel 2002 io ho votato due volte. Il giorno seguente a quello delle elezioni, con un umore veramente tetro, sono salito sulla montagna dietro alla mia casa e ho trovato un piccolo branco di alci che pascolavano nella luce del mattino. Nel corso degli anni il mio rispetto per queste creature è diventato tale che quella mattina mi sono dedicato senza esitazioni al mio compito, che consisteva nel caricare una cartuccia e abbattare un alce femmina, il rifornimento annuale di proteine per la mia famiglia. Ho votato con la mia arma - un atto non così insolito in questo mondo, perlopiù, io credo, come conseguenza della maniera in cui produciamo il cibo. Posso capire perché sta prendendo piede. Questo tipo di voto ha un peso e un carattere definitivo che lo rendono soddisfacente. Il mio personale pezzetto di violenza, tuttavia, è a mio parere più soddisfacente dell'usuale caos politico del resto del mondo. Ho usato il fucile per chiamarmi fuori da un sistema folle. Ho ucciso, ma lo avete fatto anche voi quando avete acquistato quella confezione di hamburger, anche quando avete comprato quella confezione di hamburger di soia. Ho ucciso, e il resto del branco di alci ha continuato a vivere, e così le erbe, gli uccelli, gli alberi, i coyote, i leoni di montagna e gli insetti, la produttività fondamentale di un ecosistema intatto, tutto ha continuato a vivere.

Richard Manning è l'autore di "Against the Grain: How Agriculture Has Hijacked Civilization", edito dalla North Point Press.

Fonte: Harper's Magazine, Febbraio 2004.
Traduzione di Emilio Martines.

Vedi anche: Minacce all'approvvigionamento mondiale di cibo derivanti dal picco nella produzione petrolifera di Richard Heinberg